Ognuno di noi si trova periodicamente a fare i conti con le spese quotidiane, legate strettamente a quanto reddito percepiamo e quanto di questo consumiamo. Pochi, invece, si soffermano a pensare a quella parte di reddito che siamo abituati a non vedere come disponibile, ma che in realtà è il nostro salvagente nel caso si navighi in acque cattive.
In cosa consiste il TFR?
Il TFR (trattamento di fine rapporto) consiste in un valore che corrisponde ad una porzione di retribuzione del lavoratore subordinato, differita al momento della cessazione del rapporto di lavoro per ragione di licenziamento, dimissioni, o raggiungimento dei requisiti del pensionamento.
Perché è importante parlare di TFR con un consulente?
Capire il funzionamento del proprio TFR è importante tanto quanto verificare le condizioni contrattuali in merito al compenso pattuito per quel rapporto di lavoro nascente.
A mio avviso, credo sia fondamentale sapere che, in caso di necessità, questa somma di denaro può essere riscattata, ma è altrettanto importante capire come e quanto posso ritirarne una parte e come posso salvaguardarla negli anni.
Per questo , ogni lavoratore dovrebbe informarsi sulle possibilità che ci sono per accantonarlo, ovvero se farlo maturare in azienda o se destinarlo alla previdenza complementare, come previsto dall’1 gennaio 2007 con il decreto legislativo 252/2005.
Analizziamo dunque le differenze tra le varie soluzioni.
Focus sulle possibili destinazioni del TFR
A partire dall’1 gennaio 2007, con il Decreto Legislativo 252/2005, è stata introdotta la facoltà di scegliere, per tutti i lavoratori dipendenti, la destinazione del proprio TFR.
Il lavoratore è infatti libero di:
1) destinare il proprio TFR alla previdenza complementare nella forma prevista dagli accordi collettivi (Fondo aperto), versando la propria quota aggiuntiva di contribuzione, beneficerà anche di quella datoriale, che è stabilita a livello contrattuale e rappresenta in concreto un aumento della propria retribuzione.
2) destinare il proprio TFR alla previdenza complementare individuale (Pip),
3) lasciare il Trattamento di Fine Rapporto presso l’azienda.
Al fine di compiere la scelta più appropriata è bene ricordare che l’adesione alla previdenza complementare, sia che avvenga con modalità esplicita che tacita, dà diritto alla completa deducibilità dal proprio reddito dei versamenti volontari effettuati fino alla soglia annua di 5.164,57 euro.
Cosa è meglio per me? TFR in azienda vs TFR sul fondo pensione
Da consulente consiglio al singolo lavoratore di prendere una decisione sulla base di un’analisi complessiva tra vantaggi e svantaggi rispetto alcuni elementi che sono:
- Fiscalità,
- Redditività,
- Disponibilità di usufruire del TFR per determinati eventi (acquisto prima casa, spese sanitarie, etc.) nonché per costruirsi una pensione integrativa.
1. La fiscalità
La fiscalità interessa due punti: tassazione sui rendimenti e tassazione del capitale erogato.
In merito alla tassazione dei rendimenti: se il TFR viene lasciato presso l’azienda il suo rendimento (mediamente intorno all’1,5%) sarà assoggettato a un’aliquota fissata al 17%; se il Tfr viene destinato ad un fondo pensione, invece, gli interessi e le plusvalenze realizzate (rendimento medio superiore al 2%) saranno sottoposte ad un’imposta sostitutiva del 20%, (anziché del 26% come gli altri strumenti finanziari che conosciamo).
A primo sguardo, parrebbe ovvio il vantaggio che emerge dalla prima ipotesi, ma non è così considerando che i titoli di Stato, le obbligazioni dei titoli pubblici territoriali e i bond di Stato esteri e territoriali inseriti nella white list e quelli degli organismi internazionali, sono tassati al 12,5%.
Facciamo un esempio per capire meglio.
Supponiamo di destinare il nostro TFR ad un fondo pensione, con comparti misti 70-30 come si usa di solito. Dovremo applicare ad una parte l’aliquota del 20% ed all’altra parte quella del 12,5%. Applicando le due aliquote agevolate, si ricava un’imposizione media del 14,75%, cioè inferiore al 17% del contratto aziendale.
Sotto l’aspetto fiscale c’è inoltre da considerare la differenza di tassazione al momento dell’erogazione del TFR. Vediamo le differenze.
- se il TFR è stato lasciato in azienda, al momento della sua liquidazione, sarà soggetto a tassazione separata, ovvero la quota di TFR maturato verrà moltiplicato per dodici e diviso per gli anni di servizio, al valore che emerge verrà applicata l’aliquota media di tassazione(IRPEF) dei cinque anni antecedenti la cessazione dell’attività lavorativa. La differenza tra il TFR lordo e questa ultima quota calcolata, ci darà il TFR netto a disposizione del lavoratore (art. 17 del TUIR e art. 2120 Codice Civile);
- nel caso di versamento al fondo pensione invece, la prestazione pensionistica (incluso il TFR) che verrà erogata subirà una tassazione massima del 15%, che decresce dello 0,3% per ogni anno di iscrizione alla previdenza complementare successivo al quindicesimo fino a un minimo del 9%.
NB: Considerando che, gli ultimi anni di carriera hanno in genere retribuzioni più elevate, la tassazione del TFR sarà più elevata se lasciato in azienda (tra il 23 e il 43%, gli scaglioni IRPEF). Discorso invece diametralmente opposto nel caso di destinazione del TFR al fondo pensione che, come visto, applicherà un’aliquota tra il 15 e il 9% in base all’età di adesione (più sono giovane, meno mi tassano), una bella differenza.
2.La redditività
Un’importante differenza tra le due ipotesi in analisi, che potrebbe farci decidere, risiede nel possibile rendimento finanziario conseguibile. Il TFR lasciato in azienda viene infatti rivalutato al tasso dell’1,5% + il 75% del tasso di inflazione al dicembre dell’anno precedente. Tuttavia negli ultimi 10 anni di “stagnazione” dell’economia italiana la crescita inflazionistica è stata marginale o, in alcuni anni, nulla. Versandolo invece alla forma pensionistica complementare verrà investito sia nei mercati finanziari, potendo così beneficiare dei potenziali rialzi degli stessi che nelle gestioni separate assicurative che garantiscono i capitali assicurati. Il fondo pensione offre inoltre la possibilità di scegliere tra più linee di investimento che meglio riflettono la personale propensione al rischio. Ad ogni modo lo storico dei rendimenti finanziari conseguiti da queste ultime (e quindi del TFR lì destinato) è ben al di sopra di quelli registrati dal TFR lasciato in azienda
3.Disponibilità TFR
Per giungere alla decisione finale è altresì importante analizzare le differenze su modalità, tempi e importi che possono essere anticipati o riscattati. Vediamoli riassunti nella tabella seguente.
RICHIESTA ANTICIPAZIONE TFR | ||
Motivo | Fondo pensione | Azienda |
Acquisto/ristrutturazione prima casa per sé o per i propri figli | Decorsi 8 anni dall’ iscrizione al piano per un importo non superiore al 75% della posizione individuale maturata. | Decorsi 8 anni dall’assunzione per un importo non superiore al 70% della posizione individuale maturata. |
Spese sanitarie per sé, coniuge, figli | In qualsiasi momento e per un importo non superiore al 75% della posizione individuale maturata. | Decorsi 8 anni dall’assunzione per un importo non superiore al 70% della posizione individuale maturata. |
Altre esigenze | Decorsi 8 anni dall’ iscrizione per un importo non superiore al 30% della posizione individuale maturata. | Decorsi 8 anni dall’assunzione per un importo non superiore al 70% della posizione individuale maturata e SOLO in caso di congedi parentali, per la formazione extra lavoro o continua. |
Anticipo più di una volta | si | no |
Importante specificare che nel caso di TFR accantonato in azienda, l’anticipazione potrà essere ottenuta solo dai lavoratori che hanno maturato almeno 8 anni di servizio (anzianità di servizio e non periodo lavorato) presso lo stesso datore di lavoro ed una sola volta nel corso del rapporto (e solo se le domande non superano il 10% dei lavoratori aventi diritto e comunque del 4% del numero totale dei dipendenti se l’azienda supera i 25 dipendenti), tassata come visto in precedenza.
Mentre, possono essere prodotte illimitate richieste di anticipo dal fondo pensione, e saranno soggette all’aliquota fissa del 23%, salvo nel caso di spese sanitarie, che prevedono l’applicazione della tassazione al 15% ridotta di 0,3 punti percentuali per ogni anno di adesione oltre il quindicesimo.
Preciso che non può chiedere l’anticipazione il dipendente di azienda in Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (Cigs).
Altro elemento determinante è che quanto richiesto come anticipazione dal fondo pensione, può essere reintegrato con versamenti che possono anche superare la soglia annuale di 5.164,57 euro, tetto massimo per la deducibilità, che comunque godrà del beneficio dell’esenzione di imposta.
Considerazioni finali
L’instabilità della pensione pubblica ha favorito sempre più l’adesione alla previdenza complementare rendendola necessaria soprattutto per i più giovani.
A prescindere dallo strumento scelto per accantonare il proprio TFR, sono principalmente due le componenti che impatteranno sul quantum della prestazione che verrà erogata.
In primis, il tempo. Prima si comincia più tempo si avrà per aumentare il nostro montante. Secondo elemento il livello di contribuzione. Tanto maggiore sarà quest’ultimo, auspicabilmente grazie anche alla quota del TFR versatoci, tantopiù al momento del pensionamento si potrà avere di un tasso di sostituzione (ultima retribuzione/prima rata pensionistica) tale da mantenere inalterato o quasi il nostro tenore di vita, integrando la prestazione pensionistica pubblica.
In chiusura, faccio due precisazioni importanti.
Fallimento dell’azienda. Se l’azienda dovesse fallire prima della risoluzione del rapporto di lavoro e quindi della liquidazione, il Tfr viene comunque corrisposto al dipendente dal Fondo di Garanzia dell’Inps. Quindi chiedere un anticipo per paura di una crisi aziendale e al quanto inutile se non vi è reale necessità. Certo è che i tempi non saranno di certo celeri e prevedibili. Armatevi di coraggio e pazienza.
Impiego dell’anticipo per motivo non corrispondente alla richiesta. Il lavoratore, che abbia ottenuto l’anticipo del TFR per una delle ragioni consentite dalla legge, che impieghi i soldi per altre finalità commette un illecito e va incontro alla richiesta di restituzione da parte del datore di lavoro o al risarcimento dei danni.