Se sei un investitore o una azienda interessata a capire come funzionano davvero in Italia le tasse su Bitcoin e criptovalute, sei nel posto giusto! In questo articolo andremo a mostrare per bene cosa dice il legislatore in Italia e daremo quindi indicazioni su quali tasse bisogna pagare e quando bisogna pagarle.
Premessa
Negli ultimi anni Bitcoin e le criptovalute sono diventate un fenomeno finanziario rilevante per la nostra economia. Da quel famoso 3 Gennaio 2009, data di generazione del primo blocco di Bitcoin, fino ad oggi, tante cose sono cambiate. Quello che inizialmente sembrava essere solo un evento passeggero, oggi è un mercato che complessivamente è arrivato a valere 2mila miliardi.
Visto che i possessori di criptovalute continuano ad aumentare nel tempo, si rendono oggi necessarie disposizioni fiscali e tributarie che possano aiutare gli investitori a capire quali siano le tasse da pagare su Bitcoin e Criptovalute. Purtroppo, ad oggi una legge specifica in Italia non esiste, ma questo non significa che il fenomeno non sia per nulla regolato.
Infatti, nel tentativo di colmare questo gap normativo, esistono alcune risoluzioni e circolari emesse dall’Agenzia delle entrate che costituiscono oggi la prassi su cui fare riferimento quando si parla di tassazione in ambito cripto. Per cui, chi afferma che non vi siano imposte da pagare perché non esiste una legge è in malafede o è semplicemente non-informato.
Quadro normativo e prassi giuridica
Da dove deriva quindi questa prassi che abbiamo appena menzionato? Prima di poter riassumere in parole povere quali sono i punti chiave da sapere quando si parla di tasse su Bitcoin e Criptovalute, è bene mostrare in modo tecnico il quadro giuridico di riferimento.
Se non sei interessato a leggere cosa dice la giurisprudenza sull’argomento, passa direttamente al prossimo paragrafo, in cui faremo un bel riassunto facile delle cose da sapere.
Ecco da dove deriva la prassi giuridica in essere:
1) Articolo 4, comma 1, dl 167/1990
“I residenti in Italia che detengono investimenti finanziari all’estero suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi, nel modulo RW”.
2) Circolare 38/2013
“Sono soggette al medesimo obbligo di monitoraggio anche le attività finanziarie estere detenute in Italia al di fuori del circuito degli intermediari residenti. […] Anche le valute virtuali devono essere oggetto di comunicazione attraverso il quadro RW”.
3) Circolare 72/2016
Questa è forse la circolare più importante, attraverso la quale l’Agenzia delle Entrate ha chiarito per la prima volta che “la criptovaluta è una valuta estera”. “Nel rispetto della circolare 38/2013 sul monitoraggio fiscale, anche le valute virtuali ricadono nell’obbligo dichiarativo nel Quadro RW”.
Quindi, poiché le criptovalute sono ufficialmente riconosciute come valute estere bisogna ricordare cosa dice il legislatore sull’argomento. A tal proposito l’articolo 67 del DPR n 917/86 spiega che:
- Costituiscono redditi diversi di natura finanziaria “le plusvalenze […] realizzate mediante cessione a titolo oneroso […] di valute estere, oggetto di cessione a termine o rinvenienti da depositi o conti correnti“. Per cessione a titolo oneroso si intende anche “il prelievo delle valute estere dal deposito o conto corrente“. Comma 1, lett. c-ter).
- “Le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere rinvenienti da depositi e conti correnti concorrono a formare il reddito a condizione che nel periodo d’imposta la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento sia superiore a € 51.645,69 per almeno 7 giorni lavorativi continui“. Comma 1-ter).
- Il controvalore in euro delle monete virtuali dev’essere calcolato sulla base del cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento, ossia il cambio del 1° gennaio dell’anno nel quale si verifica la cessione.
- Ai fini dell’Iva, si applica il regime di esenzione in quanto trattasi di operazioni relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio di cui all’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della Direttiva 2006/112/CE;
4) Risposta ad interpello n. 956-39/2018
La giacenza va verificata rispetto all’insieme dei wallet detenuti dal contribuente, indipendentemente dalla tipologia di wallet. Nel caso occorre sommare anche il valore in euro delle altre valute estere tradizionali detenute su depositi e conti correnti.
Tasse su Bitcoin e Criptovalute – I punti chiave
In base al quadro normativo sopra citato, possiamo fare un riassunto facile dei punti da ricordare quando parliamo di tasse su Bitcoin e criptovalute. In generale:
a) Per gli investitori privati (persone fisiche):
- Le persone fisiche che posseggono criptovalute hanno obbligo di compilazione del
quadro RW. - Le persone fisiche pagano una imposta del 26% sulle plusvalenze in caso di cashout o attraverso qualunque cessione o trasferimento e al verificarsi della condizione di giacenza superiore a 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi
continui nel periodo di imposta al tasso di cambio 1/1. - Al di sotto di tale franchigia le operazioni in entrata e uscita dai wallet sono da considerarsi
fiscalmente irrilevanti. - Eventuali prelievi, nei casi extra franchigia, si indicano nel quadro RT e possono dar
origine a plusvalenze e minusvalenze. - In assenza di prelievi, non essendo applicabile IVAFE, null’altro è dovuto all’infuori
dell’obbligo di monitoraggio (in assenza del quale sono previste sanzioni in caso di
accertamento).
Sottolineiamo che il calcolo della giacenza ai fini fiscali è quella al tasso di cambio del primo giorno dell’anno di imposta (1°Gennaio). Tale fatto è rilevante data la caratteristica volatilità propria delle monete virtuali.
ESEMPIO 1:
Filippo detiene 10 bitcoin. Il valore di mercato di tali Bitcoin alla data del 01/01/2021 è di 4.000 €/ciascuno per un totale quindi di 40.000 €.
A partire dal mese di Febbraio 2021, il valore arriva a 6.000 €, anche per più di 7 giorni consecutivi, quindi pari a 60.000 € superando la soglia di 51.645 €.
Se Mario vende quote di bitcoin durante il 2021, realizza una plusvalenza tassabile?
La risposta è no, perché al 1° Gennaio il controvalore di quei bitcoin in euro era inferiore alla soglia dei 51.645,69 euro. Non ci saranno quindi imposte da pagare in questo caso!
ESEMPIO 2:
Lucia detiene 10 Bitcoin.
Il valore di mercato di tali Bitcoin alla data 01/01/2021 è di 6.000 €/ciascuno, per un totale quindi di 60.000 €. Dopo i primi 7 giorni del 2021, il valore aumenta. Se Lucia vende quote di bitcoin in quei giorni, realizza una plusvalenza tassabile?
La risposta è sì, perché 1 Gennaio 2021 il portafoglio di bitcoin, valutato al cambio di quel momento, ammontava a 60.000 €, e quindi superava la soglia.
b) Per le società
- L’acquisto e la cessione di Bitcoin in cambio di Euro sono da considerare operazione di cambio valuta, quindi non soggette ad IVA.
- Le Società che operano con i Bitcoin possono ottenere guadagni o perdite dalle attività di cambio, e tali guadagni o perdite devono essere dichiarati in bilancio.
- Quanto al metodo di valutazione occorre far riferimento al c.d. valore normale, ossia il valore corrispondente alla quotazione degli stessi bitcoin al termine dell’esercizio. (Ad esempio si potrebbe prendere a riferimento il valore medio dell’ultimo giorno dell’anno sulla piattaforma o la media di tutte le piattaforme).
In sintesi
Sebbene la materia sia abbastanza nuova, oggi ci sono ormai indicazioni abbastanza solide su quali sono le tasse su Bitcoin e Criptovalute. Tuttavia, per evitare di fare da soli e di commettere errori, è sempre meglio affidarsi ad un fiscalista esperto, soprattutto se in ballo ci sono grosse somme di denaro. Solo in questo modo si evitano brutte sorprese dal FISCO.
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